Walkin’ Bologna

26 Marzo 2017 Francesco Merenda

Bologna


Cosa rende una città sensibile alla nostra vista? L’architettura che la definisce da un punto di vista spaziale o, la sua storia che ne determina la dimensione temporale, oppure il presente che la vista registra quotidianamente e fa sedimentare nella memoria… 

 

Ci sono città che non hanno bisogno di essere ascoltate per essere riconoscibili, l’architettura umana e paesaggistica con il passare del tempo ha reso riconoscibili alcuni suoi simboli fino a trasformarli nella città stessa.

Bologna come valore aggiunto ha inscritto nel proprio DNA la presenza umana che si fonde con ogni aspetto del suo vissuto visibile ed invisibile. I suoi portici, le sue piazze, le strade, i giardini, le vie, le mura, le porte della città, i luoghi più sacri e quelli più profani, in cui si riuniscono uomini e donne, sono sensibili alla memoria visiva ed a quella uditiva, perchè le città possiedono un ritmo, sono dispensatrici di suggestioni visive simili ad uno scatto fotografico.

Piazza Maggiore ci ricorda una canzone famosa, un bar i dubbi e l’anima di una generazione, le vie si trasformano in una pellicola cinematografica in bianco e nero, i teatri sono abitati da musicisti e scrittori di ogni tempo e luogo!

Bologna è sensibile a tutti i sensi umani, dall’odorato al tatto, dal gusto all’udito fino alla vista, gli occhi saggi ed intelligenti di una città e dei suoi abitanti che scrutano con ironia la vita intorno a loro. Una città è sensibile nei confronti di chi l’ha vissuta giorno dopo giorno, è sensibile alle mura che sono state costruite per fondare la prima università del mondo occidentale, è sensibile ai pensieri ed alle idee che qui hanno trovato lo spazio per crescere! Bologna è una chiesa che ne racchiude sette come una scatola cinese e, dopo mille anni si affaccia su una piazza restaurata e vissuta come fosse un grembo materno in cui farsi cullare.

Le scritte sui muri, i graffiti come poesie in cui i più giovani si riconoscono comunicando fra loro attraverso segni antichi e resi moderni dall’astrazione del pensiero; le torri che svettano verso il cielo inclinate dall’usura del tempo ma con radici profonde e salde, ben radicate nell’anima di questa straordinaria città; tutto questo ed altro ancora converge verso il centro di una piazza, si fonde negli abitanti che la fanno vibrare attraversandola, vestendosi delle sue luci, svestendosi delle sue ombre.

Bologna è anche una fontana che resuscita Nettuno per farsi indicare le rotte di una corrente umana mai interrotta, mai vinta, dalla storia ne dal suo destino. Nelle fotografie di chi l’ha vissuta fin dalla sua nascita l’umanità e sempre sensibile all’obiettivo fotografico, grazie al quale può raccontare e raccontarsi, per dar voce ad un coro infinito che non resta distante dalle fondamenta su cui è stata edificata una polis estremamente variegata. 

In queste immagini non prevale la parte fisica della città ma i cittadini stessi, l’autore non separa la storia dal presente ma la fa confluire in un tempo ipnotizzato dal suo sguardo, sfumando o mettendo a fuoco il ritmo di uno spazio che è carne viva, un fluire continuo di pensieri e di quotidianità che trae linfa vitale dal vissuto di un tessuto sociale capace di vestire i sogni ed i bisogni di una comunità. Bologna è sensibile alla gente che la vive più di tante altre città sorte nello stesso periodo e non può essere descritta senza la loro presenza. Una costante variabile ed indipendente dalle immagini e dai momenti proposti e catturati, una visione che muta e si arricchisce continuamente man mano che scorrono gli scatti, come in un film che non avrà mai titoli di coda ma solo una colonna sonora dove si fonderanno elementi e stili diversi, le poesie scritte nei bar e trasformate in canzoni, la voce di una città con la sua dolce cadenza caratterizzata da un timbro strascicato e reso robusto dall’ironia e da una saggezza antica. 

Bologna è tutto ed il contrario di tutto e chiunque si accinga a raccontarla, a farla parlare, come il fotografo che ha proposto questi scatti, riuscirà a raccogliere istanti di vita, voci che supereranno la barriera dello spazio e del tempo, raccoglierà la sua vera essenza e storia, un amalgama di passato, presente e futuro che il suo sguardo unirà in modo indissolubile!

Di Paola Palmaroli.
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Foto di Francesco Merenda

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Francesco Merenda

Classe '63, imprenditore, si dedica alla fotografia da oltre 35 anni. E' stato tra i fondatori, nel 2013, dell'associazione La Gabbia Armonica.

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