Da un pezzo del “Corriere Della Sera – Sette” del gennaio 2015, di Roberto Cotroneo
Parlando di totem della fotografia in rete, è indubbio che un ruolo speciale tocca a quello della nitidezza: perseguita attraverso sensori, lenti, post produzione, è una venere sofisticata che seduce ogni giorno orde di fotoamatori…
Ma merita davvero tanto acceso amore?
Ecco un punto di vista interessante, proposto dal “Corriere della Sera – Sette” nel 2015, a firma di Roberto Cotroneo
…La seduzione è fatta di luci soffuse e di immagini non troppo nitide, e i nostri ricordi più belli sono lontani dalla iperrealtà di questo mondo moderno.
Perché allora inseguire il più possibile una nitidezza ossessiva nel restituire le immagini del mondo, che siano fotografie, video, film?
Perché si scambia la nitidezza per l’esattezza.
Si pensa che un’immagine è esatta quante più informazioni contiene. Per cui saper distinguere tutti i pori della pelle di un attore è un modo paragonabile al vederlo dal vero, riprodurre un muro scrostato fino al dettaglio più infinitesimale significa renderlo più esatto…
Ma l’esattezza non è esattamente questo. Giacomo Leopardi nei primi passi dello Zibaldone fa l’elogio della vaghezza. O meglio dell’indefinito, che sarebbe il contrario dell’esattezza. E Italo Calvino, nella sua terza lezione americana, dedicata proprio all’esattezza, fa notare che Leopardi da un lato elogia il vago, dall’altro è assai preciso nel descrivere le cose. Come ci fosse una contraddizione in questo.
Solo che stiamo parlando di letteratura, non di immagini. E che la letteratura non restituisce la visione della realtà, ma alla realtà si sovrappone utilizzando le parole.
Mentre le immagini hanno un continuo bisogno dell’indefinito, della vaghezza, del sogno, e di tutta una serie di suggestioni sfuggenti. Perché siamo noi a completarle, e siamo noi a trovare negli spazi indefiniti emozioni e verità.
Le immagini spettacolari dei futuri schermi dei nostri computer, dei nostri tablet e dei nostri televisori non ci aiuteranno a capire che nitidezza e verità non vanno d’accordo. Che descrivere tutto quello che si vede, senza lasciare vuoti e immaginazione è noioso; e che riuscire a distinguere anche l’ultima crepa di una statua non è un modo per apprezzarla meglio, e che Cartier-Bresson, Ghirri e Fellini avevano ragione. La nitidezza è un concetto borghese.
Uno status quo, un’immaginazione spenta, un sogno fastidioso. Eppure tutti inseguono questa falsa realtà che ci stupisce, ci rimbambisce, e toglie verità alle nostre vite.