Ogni Cosa Mi Emoziona

11 Febbraio 2017 Francesco Merenda

Di Edward Weston:

 “Qualsiasi cosa mi emoziona, per qualsiasi motivo, la fotografo; non ricerco soggetti inusuali ma rendo insoliti anche i luoghi comuni”


Francesco Merenda nelle sue immagini rende questo pensiero la cifra stilistica da cui partire per non lasciare vano ogni tentativo di fissare in uno scatto superfici significanti quali la vita stessa, i suoi attori protagonisti od i caratteristi, orizzonti lontani od i dettagli degli stessi.

Pensate al volo di un aquila, osservate il suo corpo sgraziato mentre sta per spiccare il volo, sta lasciando la superficie su cui è poggiata, apre le ali maestose, si concentra nel cogliere le correnti dei venti, fissa una meta ben precisa e scatta via lontano sempre più lontano dal punto in cui si trovava.

Così dovete immaginare la colonna vertebrale insita nella fotografia di Francesco, il suo porre in essere l’alfabeto tecnico di questo linguaggio, per coordinare le correnti del suo pensiero e gli istanti di vita catturati, pronti ad aprirgli nuove rotte di volo, ad iniziare ogni volta nuovi viaggi. Per capire la sua cifra stilistica continuiamo a farci aiutare dalle riflessioni di E.Weston come spunto per capire la poetica delle immagini di questo intelligente e curioso fotografo. “La fotografia isola e perpetua un attimo di tempo: un momento importante e rivelatore o un momento insignificante e privo di senso. Dipende dalla capacità del fotografo di comprendere il soggetto e dalla sua padronanza del processo fotografico”. E. W. I fotografi sono uomini come tutti gli altri cui la mente e lo sguardo hanno donato l’urgenza, il desiderio, il bisogno di vedere più a fondo ciò che li comprende e li circonda, con l’aggiunta di una tensione che pensiamo essere estetica ma è soprattutto etica, capace di metterli in connessione, in empatia, in collegamento con la natura umana e tutte le sue infinite varianti.

Quando gli esseri umani inventarono la dimensione del tempo avevano il giorno e la notte come termini di paragone, le stagioni, la nascita, la morte. Quando i fotografi scattano non fanno altro che tentare di fissare il tempo, sospenderlo un istante, come trattenendo il respiro, non solo per capire un aspetto di cosa stia accadendo loro od al soggetto catturato, piuttosto per dargli la possibilità di rimanere vivi per sempre, fissati in quel fotogramma che li immortalerà fino a renderli altro da sé stessi a seconda di chi li osserverà.

Francesco riesce facendo sue ed elaborando le esperienze e le riflessioni di autori come E.Weston a personalizzare ed evincere dal mezzo fotografico la memoria antropologica di un ritratto, di un viaggio, di un paesaggio, di una città, di un graffito……tutto questo fissando bene come meta quell’obiettivo che tutto pare contenere ed invece si fa a sua volta oggetto contenuto da una realtà sensibile alle emozioni suscitate. Una stessa immagine non indurrà a tutti lo stesso pensiero, non provocherà le stesse emozioni.

Francesco questo lo sa, così bene da farsi portatore di quella relatività della memoria che contiene istanti preziosi, che non si prende così sul serio da voler essere metro di misura, giudice ed esempio dei sentimenti umani, piuttosto una narratrice inesausta e limpida, una testimone severa di quello che producono tali emozioni, superfici significanti appunto, non statue di sale o di bronzo! “La fotocamera deve essere utilizzata per la registrazione della vita, per ricercare la quintessenza del soggetto stesso, sia che si tratti di acciaio lucido che di carne palpitante” continua E.Weston e, Francesco ciò riesce a fare fotografando qualsiasi cosa che la vita stessa gli suggerisca essere distillato puro di emozione sincere e non di meri esercizi intellettuali.,,,

Se dovessi riassumere in un semplice pensiero cosa ispirano i suoi scatti direi: “Francesco fotografa la vita, e se ciò che vede è quello che sente, che tutti noi impariamo a percepire in corso d’opera, allora vale la pena sia di viverla che di fissarla nella pellicola più sensibile che esista in natura: la memoria. La fotografia a questo serve, questo invita a fare, questo a volte raggiunge. Francesco è proprio lì che si insinua, si inerpica, si mette in gioco, tra quel vissuto emozionale inusuale ed a volte all’apparenza superficiale e la registrazione fedele ed appassionata dello stesso che prende il nome di “esistenza”.

Paola Palmaroli

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Francesco Merenda

Classe '63, imprenditore, si dedica alla fotografia da oltre 35 anni. E' stato tra i fondatori, nel 2013, dell'associazione La Gabbia Armonica.

Comment (1)

  1. Valentina

    Direi che la sensibilità di Francesco va cercata nella forte intuizione, nella grande preparazione, nel forte interesse per le grandi ma anche per le piccole questioni.
    Francesco dice di cavarsela con la fotografia e lo fa “arrangiandosi” con i mezzi che ha, che non sono solo la macchina fighissima o la conoscenza tecnica. Ovviamente lui quest’ultima la possiede eccome ma non pecca né di saccenza e né di arroganza… e soprattutto non smette mai di emozionarsi.
    Quel suo essere intuitivo, curioso, astuto, sottile ma in modo umile e disponibile… a me suggerisce piuttosto l’aver a che fare con una mente brillante in un corpo perennemente giovane.

    Veramente, una gran bella persona, un gran fotografo, un grande comunicatore

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